Alla fine del Quattrocento, nel cortile del Palazzo dei Conservatori, sul Campidoglio, furono sistemati i nove frammenti superstiti di una statua colossale in marmo pario di Costantino rivenuti poco prima nei pressi della basilica di Massenzio.
Da allora, la testa, il piede, la mano e le altre nobili membra dell’imperatore cristiano sono divenute altrettante icone di Roma e un artista come Johann Heinrich Füssli volle perfino elevarle a simbolo della grandiosità dell’antico.






Una presenza comunque familiare per Romani e turisti, che ha acquistato un nuovo e importante significato da quando, poco distante, nel giardino di Villa Caffarelli, è stata installata la ricostruzione in scala 1.1 dell’opera, grazie alla quale si può avere un’idea eloquente delle proporzioni complessive della statua e dell’impatto che essa doveva avere sull’osservatore.
La replica è l’esito di un progetto avviato in occasione della mostra «Recycling Beauty», presentata alla Fondazione Prada di Milano nell’inverno 2022/2023, ed è frutto della collaborazione fra la stessa Fondazione Prada, la Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali del Comune di Roma e la Factum Foundation for Digital Technology in Preservation.

Il monumentale ritratto rimase senza una identità certa sino alla fine dell’Ottocento, quando fu correttamente identificato con l’imperatore Costantino.
Successivi studi hanno permesso di riconoscere sicuri segni di rilavorazione, soprattutto in corrispondenza del mento e del sottogola, a indicare che il personaggio originariamente raffigurato avesse la barba.
Il Colosso è dunque il risultato del riadattamento di una scultura piú antica e, secondo alcuni studiosi, potrebbe trattarsi della statua di culto di Giove Ottimo Massimo, collocata all’interno del tempio a lui dedicato sul Campidoglio, il piú importante della romanità.

L’opera è un acrolito (dal greco akros, «estremo», e lithos, «pietra», il termine designa statue che abbiano testa, mani e piedi di pietra o marmo o avorio, e il resto del corpo di legno), con le parti nude realizzate in marmo, montate su una struttura portante rivestita da panneggi in bronzo dorato o in preziosi marmi colorati.
Seduto in trono, il dio è avvolto in un mantello che lascia scoperti il torso, le braccia e il ginocchio. Quest’ultimo è un motivo iconografico di tradizione omerica associato quasi esclusivamente all’immagine di Giove e successivamente degli imperatori, che a essa si ispira come segno della devozione rivolta a loro dai sudditi.
Nel 312 d.C., dopo la vittoria su Massenzio al Ponte Milvio, Costantino diventa il padrone assoluto della parte occidentale dell’impero e di Roma e agli anni iniziali del suo regno risalirebbe la realizzazione del Colosso, che, nella sua fissità ieratica, costituisce una delle manifestazioni piú impressionanti dell’arte costantiniana.

La celebrazione dell’imperatore avviene dunque attraverso il reimpiego di una statua colossale già esistente, raffigurante un imperatore o una divinità, quale Giove Ottimo Massimo. Attraverso di essa Costantino si mostra come comes (compagno) degli dèi e la natura stessa del suo potere si manifesta come divina.
Il progetto di ricostruzione della figura colossale di Costantino è stato realizzato da Factum Foundation a partire dai frammenti noti della scultura, sulla base dell’ipotesi archeologica di partenza: il Colosso era seduto e doveva essere stato realizzato come acrolito, ovvero con le parti nude in marmo bianco e il panneggio in bronzo dorato.
Factum Foundation ha utilizzato la fotogrammetria per documentare i frammenti del Colosso conservati nel cortile di Palazzo dei Conservatori e il frammento del petto conservato al Parco Archeologico del Colosseo.

Durante la scansione, il team ha effettuato anche la scansione 3D del calco della statua dell’imperatore Claudio come Giove, per utilizzarlo come modello per la posa e il drappeggio. Numerosi dettagli sono stati ricostruiti a partire dalla lettura delle fonti letterarie ed epigrafiche e dal confronto con altre statue sedute di età imperiale.
I dati digitali sono stati stampati in 3D a grandezza naturale e usati per realizzare un calco in resina rinforzata. Per le copie facsimile dei frammenti, sul calco è stato adoperato uno stucco apposito, dipinto per suggerire l’effetto del marmo pario invecchiato dall’esposizione agli elementi; le parti ricostruite sono state realizzate in poliuretano, rinforzato da diversi strati di resina mista a polvere di marmo e mica per ottenere un effetto marmoreo bianco neutro.
I panneggi e le parti in bronzo dorato sono stati realizzati in polistirene patinato in resina e polvere di bronzo, su cui è stata applicata foglia d’oro.


Il Colosso originale, che raggiungeva un’altezza di circa 13 m, aveva una struttura interna che si ipotizza fosse fatta di mattoni, legno, elementi in metallo. Per la ricostruzione, Factum Foundation ha realizzato una struttura portante in alluminio, che ne permette il montaggio e lo smontaggio.
Il Giardino di Villa Caffarelli, che ha accolto la riproduzione integrata in scala 1:1 del Colosso di Costantino, insiste in parte sull’area occupata dal Tempio di Giove Ottimo Massimo, che un tempo ospitava la statua di Giove, forse la stessa da cui il Colosso fu ricavato o che comunque ne costituisce il modello di derivazione.
I resti del tempio sono oggi visibili all’interno dell’Esedra di Marco Aurelio (uno degli spazi espositivi del Palazzo dei Conservatori).




Il tempio fu dedicato nel 509 a.C. dal primo console della repubblica, M. Horatius Pulvillus, alla triade capitolina: Giove, Giunone, Minerva. La prima statua di culto di Giove era in terracotta ed era opera dello scultore Vulca di Veio. Quest’ultima venne sostituita, nel 69 a.C., in occasione della ricostruzione promossa da Silla, con una nuova statua ispirata al celebre Zeus di Olimpia di Fidia: seduto in trono, il torso scoperto, un mantello a coprire le gambe.
Dopo l’incendio dell’80 d.C., durante il regno dell’imperatore Tito, si intraprende un ulteriore rifacimento, concluso da Domiziano, suo fratello e successore. Anche in questo caso, le statue di culto di Giove, Giunone e Minerva furono sostituite.
Per il Giove Capitolino il modello è sempre la statua di Fidia, riprodotta come acrolito in marmo. Del tempio di Domiziano si conserva ormai ben poco, ma la fastosa decorazione del frontone è documentata da un celebre rilievo storico oggi ai Musei Capitolini, proveniente da un monumento onorario di Marco Aurelio e raffigurante il sacrificio al tempio di Giove Capitolino.

Tra il 217 e il 222 d.C., un fulmine danneggio gravemente la statua di Giove. Tale evento potrebbe avere creato il presupposto per il suo riutilizzo per celebrare il nuovo imperatore Costantino agli inizi del IV secolo d.C.
Quale che sia la statua rilavorata per la realizzazione del Colosso, Costantino si appropria comunque di uno dei simboli della religione romana per legittimare la sua ascesa al potere, collocandolo in una sede di grande significato: la basilica di Massenzio lungo la Via Sacra, l’ultimo monumento architettonico pubblico di carattere civile realizzato a Roma antica.
Datazione: 2022
Posizione: Giardino di Villa Caffarelli, Campidoglio
Dimensioni: altezza 13 metri
Rappresenta il Colosso dell’imperatore Costantino I (306-337 d.C.)
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