L’eterno ricordo delle Idi di marzo
Gaio Giulio Cesare è sicuramente uno dei personaggi storici che più ha influenzato l’immaginario collettivo dell’Occidente. Il suo nome è rimasto sinonimo di “imperatore” e la sua influenza ha segnato la storia romana.
All’interno dei Fori Romani, nella parte più antica e più sacra, si trova il tempio del Divo Giulio, proprio vicino alla Regia.
Ogni anno, in occasione del 15 marzo, che dovrebbe corrispondere circa alle Idi di marzo, molte persone si recano qui per portare biglietti e fiori in memoria del grande Dictator, assassinato nel 44 a.C.
Cesare non ha mai lasciato indifferenti, è stato amato o odiato, sia quando era in vita, sia dopo la morte.
Dante collocherà Bruto e Cassio nella bocca di Lucifero, condannati ad essere masticati in eterno nel punto più profondo dell’inferno. Insieme a Giuda Iscariota, incarnavano la figura del traditore.
Shakespeare ha dedicato al grande condottiero romano una delle sue immortali tragedie.
Svetonio nel suo “Vita dei Cesari” ci offre una testimonianza interessante di come veniva raccontata la figura di Cesare, pochi anni dopo la morte e dell’impressione che lasciò il suo assassinio:
“81. Ma la morte imminente fu annunciata a Cesare da chiari prodigi. […] mentre faceva un sacrificio, l’aruspice Spurinna lo ammonì di fare attenzione al pericolo che non si sarebbe prolungato oltre le idi di marzo. […] Nella notte che precedette il giorno della morte, Cesare stesso sognò di volare al di sopra delle nubi e di stringere la mano di Giove; la moglie Calpurnia sognò invece che crollava la sommità della casa e che suo marito veniva ucciso tra le sue braccia; poi, d’un tratto, le porte della camera da letto si aprirono da sole.
In seguito a questi presagi, ma anche per il cattivo stato della sua salute, rimase a lungo indeciso se restare in casa e differire gli affari che si era proposto di trattare davanti al Senato; alla fine, poiché Decimo Bruto lo esortava a non privare della sua presenza i senatori accorsi in gran numero che lo stavano aspettando da un po’, verso la quinta ora uscì. Camminando, prese dalle mani di uno che gli era venuto incontro un biglietto che denunciava il complotto, ma lo mise insieme con gli altri, come se volesse leggerlo più tardi. Dopo aver fatto quindi molti sacrifici, senza ottenere presagi favorevoli, entrò in curia, passando sopra ogni scrupolo religioso, e si prese gioco di Spurinna, accusandolo di dire il falso, perché le idi erano arrivate senza danno per lui. Spurinna, però, gli rispose che erano arrivate, ma non erano ancora passate.

82. Mentre prendeva posto a sedere, i congiurati lo circondarono con il pretesto di rendergli onore e subito Cimbro Tillio, che si era assunto l’incarico dell’iniziativa, gli si fece più vicino, come se volesse chiedergli un favore: Cesare però si rifiutò di ascoltarlo e con un gesto allora gli fece capire di rimandare la cosa ad un altro momento; Tillio gli afferrò la toga alle spalle e mentre Cesare gridava: « Ma questa è violenza bell’e buona! » uno dei due Casca lo ferì dal di dietro, poco sotto la gola.

Cesare, afferrato il braccio di Casca, lo colpì con il suo stilo, poi tentò di buttarsi in avanti, ma fu fermato da un’altra ferita. Quando si accorse che lo aggredivano da tutte le parti con i pugnali nelle mani, si avvolse la toga attorno al capo e con la sinistra ne fece scivolare l’orlo fino alle ginocchia, per morire più decorosamente, coperta anche la parte inferiore del corpo.
Così fu trafitto da ventitré pugnalate, con un solo gemito, emesso sussurrando dopo il primo colpo; secondo alcuni avrebbe gridato a Marco Bruto, che si precipitava contro di lui:« Anche tu, figlio? »
Privo di vita, mentre tutti fuggivano, rimase lì per un po’ di tempo, finché, caricato su una lettiga, con il braccio che pendeva in fuori, fu portato a casa, da tre servi. Secondo il referto del medico Antistio, di tante ferite nessuna fu mortale ad eccezione di quella che aveva ricevuto per seconda in pieno petto.

I congiurati avrebbero voluto gettare il corpo dell’ucciso nel Tevere, confiscare i suoi beni e annullare tutti i suoi atti, ma rinunciarono al proposito per paura del console M. Antonio e del maestro dei cavalieri Lepido.”
Svetonio, Vita dei Cesari, Garzanti i grandi libri – Traduzione di Edoardo Noseda – finito di stampare nel mese di maggio 2008
Ogni anno, il Gruppo Storico Romano organizza una rievocazione delle Idi di Marzo, proprio nel luogo dove il dittatore venne accoltellato da Bruto e Cassio: all’area sacra del Largo di Torre Argentina. E’ qui che il feroce assassinio ebbe luogo.
Venerdì 15 marzo 2024 alle ore 14:00 avrà inizio la rievocazione – ingresso libero – scopri di più
Aldo Cazzullo ha dedicato nel 2022 una puntata della sua trasmissione “Una giornata particolare” alla morte di Cesare

Gaio Giulio Cesare, è nato a Roma il 13 luglio 101 a.C. secondo alcuni storici, il 12 luglio 100 a.C. secondo altri.
Fu un influente politico, comandante militare e autore.
Proveniva dalla nobilissima gens Iulia, discendente di Enea.
60 a.C. Primo Triumvirato, accordo segreto tra Cesare, Pompeo e Crasso per limitare il potere del Senato.
Campagne in Gallia: condusse campagne espansionistiche in Gallia come da lui stesso documentato nell’opera “De bello gallico”.
Dittatore e Imperator: Cesare fu eletto console e dittatore per diverse volte. Assunse il titolo di Imperator e riorganizzò lo Stato.
15 marzo 44 a.C. venne assassinato dai congiurati capeggiati da Bruto e Cassio.
I congiurati probabilmente scelsero le idi di Marzo perché erano una data molto speciale nel calendario Romano, era la festa di Anna Perenna, una sorta di capodanno e il popolo era particolarmente distratto.
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