Da impianto industriale a museo
Roma antica e archeologia industriale
L’impianto termoelettrico prende il nome da Giovanni Montemartini, l’assessore al Tecnologico che, nell’ambito della Giunta di Ernesto Nathan, ne predispose il progetto dal punto di vista tecnico e politico nell’ottica della municipalizzazione dei servizi e di un loro decentramento nel cuore del quartiere industriale delineatosi sull’Ostiense, tra la fine del secolo scorso e gli inizi del Novecento.

Nel 1912 la Centrale sorse, sulla sponda sinistra del Tevere, in una zona di quasi 20.000 mq, appositamente individuata perché posta fuori dalla cinta daziale e, quindi, esente dall’applicazione di imposte sul combustibile e molto vicina al fiume in modo da ottenere un facile approvvigionamento di acqua per il funzionamento degli impianti e dei macchinari. L’energia elettrica prodotta riusciva ad alimentare l’illuminazione di oltre il 50% delle vie e delle piazze della città.
Con gli ampliamenti degli anni Trenta e la sostituzione dei motori Diesel forniti dalla ditta Tosi si arrivò a un potenziamento della capacità di produzione -da 4.000 a 11.000 Kw – per adeguarsi anche alle mutate esigenze dell’utenza non solo pubblica ma anche privata. Subito dopo l’ultima guerra venne aggiunto un imponente corpo di fabbrica per l’installazione di tre caldaie che producevano fino a 60 tonnellate/ora di vapore. Pochi anni dopo, la storica Centrale, oberata da costi di manutenzione, divenuti altissimi viste le sue dimensioni, perse il ruolo di primaria importanza che aveva sempre detenuto. Nuovi impianti produttivi vennero a soddisfare le molteplici esigenze di una città in piena crescita economica e l’impianto Montemartini cadde in disuso.
Negli anni Ottanta, si attuò il recupero del complesso industriale compiuto definitivamente con i lavori di adeguamento a sede espositiva nel 1996 dall’Acea, l’Azienda municipalizzata per l’energia elettrica e l’acqua, che ha messo a disposizione ambienti monumentali per ospitare le collezioni dei Musei Capitolini.
La riconversione della Centrale Elettrica come seconda sede dei Musei Capitolini è in linea con la filosofia di recupero di antichi complessi industriali per la riqualificazione del quartiere Ostiense destinato a divenire un grande polo culturale: accanto al Mattatoio e al Teatro India ospitato nella fabbrica Mira Lanza per ampliare le attività del Teatro di Roma, il restauro dei Mercati Generali e l’acquisizione dell’area dei Gazometri permetterà di definire compiutamente l’operazione creando nuove strutture per la terza Università e realizzando il progetto Città della Scienza e della Tecnica.
Oggi, il paesaggio urbano nel quale è inserita la Centrale Montemartini è fortemente segnato dalle attività commerciali e da quelle produttive. Da un lato sorgono, maestosi, i Gazometri e i complessi industriali ancora in funzione connotati da una incessante e chiassosa frenesia di lavoro e accanto, immersi in una silenziosa realtà, si innalzano i capannoni in abbandono, veri e propri ruderi di archeologia industriale che esprimono tutto il fascino dimenticato delle grandi imprese dell’inizio del secolo.
Se ci si inoltra al di là di un anonimo cancello sulla via Ostiense, si “scopre” la facciata monumentale della Centrale Montemartini inquadrata da due lampioni di Duilio Cambellotti, simbolo storico dell’illuminazione della città, e si intravede il grandioso ambiente liberty della Sala Macchine, la turbina a vapore e i colossali motori Diesel. Ma ciò che sorprende di più è l’apparire di sagome delicatissime dalle vetrate della facciata che si distinguono appena attraverso giochi di luce e di riflessi: il nitore dei marmi antichi risplende contro la massa compatta e grigia degli apparati industriali. La realtà della Roma antica rivive in spazi estremamente dilatati e viene a coniugarsi con un’altra realtà legata a un passato più recente e più vicino alla nostra memoria.
Museo Centrale Montemartini
Indirizzo: via Ostiense 106 – 00154 Roma
Fonte “Musei Capitolini” Comune di Roma Assessorato alle Politiche Culturali Sovraintendenza ai Beni Culturali pagg. 198-199 – Mondadori Electa 2006








