L’ermafrodito dormiente

Fonte: “Museo Nazionale Romano”, Soprintendenza Archeologica di Roma, a cura di Adriano La Regina, edizioni Electa 2007 pagine 40,41

La statua raffigura Ermafiodito dormiente ed è stata trovata a Roma in un contesto privato.

Il giovane, che usa il mantello come giaciglio, è rappresentato con la testa mollemente appoggiata sul braccio destro che le fa da cuscino e con il corpo sinuoso giacente sul fianco.

È probabile che la sua sensuale nudità sia frutto del movimento nel sonno che ha anche avvolto il braccio sinistro nel mantello.

La naturalezza della nudità del giovane risalta rispetto al mantello, che ha una resa molto più fredda, e probabilmente intende cosi marcare il contrasto tra il corpo e il tessuto. L’acconciatura è complessa e molto raffinata, con lunghi capelli trattenuti da una treccia e raccolti sulla nuca, mentre solo una ciocca a metà della fronte è portata verso la sommità del cranio dove è fermata da una gemma.

La scultura, ispirata forse a immagini di Eros dormiente, è costruita con intenti illusionistici. La veduta posteriore, con le natiche in primo piano in una posa provocante, suggerisce infatti la bellezza di un corpo femminile, non contraddetta dai lineamenti del viso; anzi a una prima impressione la statua potrebbe raffigurare Arianna addormentata.

Solo girandole intorno si scopre l’organo sessuale maschile eretto e dunque l’identità reale di Ermafrodito, che il mito riteneva nato da Hermes e Afrodite attribuendogli una doppia natura sessuale.

In questo caso la consuetudine ellenistica di costruire le statue in modo che dessero un’impressione diversa a seconda del punto di vista raggiunge il virtuosismo, perché la diversa visuale cambia addirittura l’identità sessuale del personaggio raffigurato.

Dell’Ermafrodito dormiente esistono versioni diverse, distinte di norma da dettagli come il giaciglio o la posizione più o meno provocante del corpo.

È probabile che esse dipendano comunque da una celebre statua ellenistica, forse l’Hermaphroditus nobilis opera di Policle, nome purtroppo comune a più scultori di origine ateniese, tra i quali spiccano un bronzista tardoclassico e l’autore di una serie di statue di culto commissionate da magistrati romani della metà del II secolo a.C.

Quest’ultima datazione sembra anche la più confacente alla ricerca illusionistica visibile nella posa della statua, ragion per cui è forse meglio attribuire l’originale, copiato nella statua esposta, proprio allo scultore neoattico attivo nel pieno II secolo a. C. (M.C.)