Il discobolo

Il Discobolo Lancellotti, così chiamato dal nome della famiglia che lo possedeva, fu rinvenuto sull’Esquilino in un area appartenente agli Horti Lamiani, divenuti proprietà imperiale nella prima età giulio-claudia.

Discobolo – Palazzo Massimo

La statua di età antonina, raffigura un atleta mentre sta per lanciare il disco ed è una delle migliori repliche del Discobolo di Mirone.
L’atleta, nudo, con il disco nella mano destra, è colto nel momento stesso in cui sta per scattare: il corpo è quindi ripiegato su se stesso, salvo il braccio destro che si estende all’indietro per ottenere più slancio.
Il braccio sinistro si appoggia invece quasi verticalmente sotto il ginocchio destro. La gamba destra, piegata, è portante e posa completamente il piede a terra, mentre la sinisera a sua volta piegata all’indietro, è arretrata per ragioni di equilibrio e appoggia sulla punta del piede.

Ne deriva l’impressione di un accorciamento della parte inferiore del corpo e di un predominio di quella superiore.
Il torso, piegato in avanti, si appresta a compiere la semi-rotazione indispensabile al lancio del disco, mentre la testa, che si gira per guardare in direzione del braccio sollevato, esprime grande concentrazione.

La forma ovale del viso, l’adesione dei capelli – a piccole ciocche – al cranio, la resa accurata della muscolatura del torace e delle vene, il contrasto tra il volto ideale e la contrazione dei muscoli per lo sforzo appartengono alla tradizione scultorea dello stile severo.

Mirone eseguì in bronzo l’originale del Discobolo poco prima della meta del V secolo a. C., scegliendo di raffigurare l’atleta nel momento stesso del lancio così da poter rappresentare un movimento in corso, mentre l’azione metteva in moto tutti i muscoli del corpo. Mirone voleva rappresentare un’immagine che lasciasse intuire il moto precedente e quello seguente la pausa raffigurata.

L’instabilità del movimento doveva però essere temperata dall’armonia e dalla geometria dell’insieme (la figura è scomponibile in quattro triangoli sovrapposti).
L’attenzione al disegno si nota anche nei dettagli: la testa costituisce per esempio il punto d’incontro delle linee formate dalle braccia, che sembrano quasi disegnare un arco di cerchio, diviso a metà dal torace.
La figura del Discobolo è concepita a due dimensioni, con il corpo disposto su un unico piano, quasi fosse un altorilievo. La statua risulta così ideata per essere vista esclusivamente da un lato, quello verso cui l’atleta rivolge la testa e il torace.

La visione frontale, nella direzione in cui avverrà il lancio del disco, fa infatti risaltare in particolare la posizione innaturale delle gambe e del piede sinistro, che si spiega con la costruzione grafica e geometrica dell’opera, prima che plastica.

Tale bidimensionalità, voluta da Mirone, è chiaramente testimoniata proprio dal Discobolo Lancellotti, mentre altre copie, come la replica trovata nella villa di Castelporziano, raffigurano l’atleta in una posizione più naturale e sono cosi meno fedeli all’originale.

Il Discobolo era una statua celebre, che rappresentava un simbolo della paideia greca e dei valori dell’educazione ginnasiale. Non sappiamo però chi rappresentasse esattamente (la fama del gesto del lancio del disco ha cancellato la memoria del soggetto ritratto), probabilmente un atleta e non, come si è pensato, Giacinto, l’eroe ucciso involontariamente da Apollo mentre i due si allenavano nel lancio del disco. (M.C.)

Fonte: “Museo Nazionale Romano”, Soprintendenza Archeologica di Roma, a cura di Adriano La Regina, edizioni Electa 2007 pagina 42

Palazzo Altemps – sede del Museo Nazionale Romano
Indirizzo: Piazza S. Apollinare, 46 – 00186 Roma

Fanno parte del Museo Nazionale Romano
Palazzo Massimo
Terme di Diocleziano
Crypta Balbi – attualmente chiusa per restauro

L’opera che sedusse Hitler:

Nel 1936 in occasione dei giochi olimpici di Monaco, la registra Leni Rifenstahl girò un documentario il Olympia. Nel prologo c’è una bellissima scena in cui l’opera d’arte, il discobolo si trasforma si anima e diventa un’atleta in carne ed ossa.
Il fuhrer considerava il discobolo come l’opera che perfettamente rappresentava l’ideale di perfezione della razza ariana.
Il discobolo apparteneva al principe Lancellotti, erede della antica famiglia Massimo, e secondo una legge del 1909 era vincolata al suolo italiano. Ma Hitler offrì un accordo talmente vantaggioso per il governo fascista, che la legge venne aggirata. In cambio delle opere italiane di cui il discobolo faceva parte, la Germania si impegnava a fare riavere dalla Francia i capolavori che erano stati sottratti da Napoleone. Inoltre la Germania avrebbe fornito i tecnici della ZEISS per supportare la costruzione del nuovo telescopio per l’osservatorio astronomico di Monte Porzio Catone.
Scopri di più: https://www.journalchc.com/2023/02/07/arte-liberata-1937-1947-il-lungo-viaggio-del-discobolo-lancellotti/

Recentemente il discobolo è stato al centro di una polemica tra Italia e Germania. Nel 2023 il direttore del museo di Monaco di Baviera ha chiesto la restituzione dell’opera e il ministro della cultura Giuliano Sangiuliano ha rifiutato seccamente.

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