La nascita di Venere

Il trono Ludovisi e la nascita del “soggetto del desiderio”

Trovarsi di fronte a questo capolavoro può turbare. Personalmente la prima volta che l’ho ammirato ho avuto la sensazione di essere davanti a qualcosa di completamente nuovo: un messaggio che nei secoli aveva perso la sua forza, ma che manteneva un forte richiamo su di me…

Il trono rappresenta solo figure femminili, colte nella loro nudità… e stranamente nella composizione io ho percepito l’assenza di uno sguardo maschile. Donne tra donne, protagoniste delle scene non come oggetti, ma come soggetti…

La nuova dolce vita – opera di Francesco Vezzani (2016) ricostruisce e rende moderna la scena rappresentata dal Trono Ludovisi.

Donne che parlano con una divinità che condivide il mistero dell’essere femminile….

Una nascita, accolta dalle mani forti di “sorelle”, un momento intimo di musica per la giovane sacerdotessa che suona, forse solo per se stessa, un momento di meditazione ed elevazione spirituale per la sacerdotessa velata che fa ascendere la sua preghiera alla dea tramite il profumo dell’incenso…in un dialogo privato e diretto, senza mediazioni…

Soggetti e non oggetti… per avere qualcosa di simile nell’arte occidentale dovremmo aspettare ancora alcuni secoli …

Sono solo suggestioni personali, naturalmente non ho prove per dimostrarlo, ma mi piace avere la libertà di pensare che l’artista avesse immaginato un’opera che dovesse parlare direttamente alle donne riunite a celebrare la dea, senza intermediari maschili…

L’analisi dell’opera

Fonte: “Museo Nazionale Romano”, Soprintendenza Archeologica di Roma, a cura di Adriano La Regina, edizioni Electa 2007 pagine 135,137,138, 139

Il Trono Ludovisi rappresenta l’espressione più alta e poetica dell’arte magno-greca.
Appena scoperto, nel 1887 […] divenne subito il pezzo più pregiato e discusso della collezione Boncompagni Ludovisi.

In mancanza di testimoni oculari sul terreno del rinvenimento e per via di una strana “disorganicità” è stata persino avanzata l’incredibile ipotesi che si trattasse di un falso, come suppose Federico Zeri.

Autore: sconosciuto
Datazione: 460-450 a.C. circa
Data del rinvenimento: 1887 durante i lavori di lottizzazione della Villa Ludovisi. “[…] Il probabile ritrovamento nella zona che corrisponde agli antichi Horti Sallustiani del Trono e forse dell’Acrolito ha favorito l’ipotesi che entrambi fossero stati reimpiegati nel tempio di Venere Erycina, situato presso la vicina Porta Collina e costruito tra il 184 e il 181 a. C., luogo in cui la dea era venerata in un’accezione affine a quella di Erice e Locri, connessa al rito della prostituzione sacra. […]
(N.G.)” – Fonte “Museo Nazionale Romano”, Soprintendenza Archeologica di Roma, a cura di Adriano La Regina, edizioni Electa 2007
Luogo di Conservazione: Palazzo Altemps, Museo Nazionale Romano, Roma
Provenienza: incerta, secondo alcuni dal tempio di Venere Erycina in Sicilia, secondo altri dal santuario di Afrodite a Locri Epizefiri.

Controversie: trattandosi di un rinvenimento singolare, privo di riferimenti simili, si è ipotizzato che si trattasse di un falso. Difficile anche ricostruire la forma originale e la sua funzione, ancora non del tutto chiara.
L’ipotesi più accreditata riconosce nella scena centrale la nascita di Afrodite dall’acqua, ma secondo altri potrebbe trattarsi dell’emersione dalle profondità della terra di Persefone, quando torna dall’Ade per portare la primavera sulla terra.
Le anomalie anatomiche delle figure sono state utilizzate per sostenere la tesi che di’ trattasse di un falso. La suonatrice ha una gamba accavallata sull’altra in una posizione impossibile per il corpo umano, i seni della Venere risultano troppo discostati.
Secondo un’ipotesi di ricostruzione, il “trono” faceva parte in realtà di un altare

La nascita di Afrodite
[….] L’indicibile scena è celata con grande suggestione emotiva dal velo – in origine forse dipinto come un cielo stellato – disteso davanti alla dea, la quale porta una raffinatissima acconciatura, è vestita di un chitone leggero che, ancora bagnato, lascia trasparire i seni discosti, ed é sorretta nell’emersione dalle braccia giovani e forti delle Horai, scalze sul lido sassoso di Cipro, come narrava l’inno omerico.

Nei lati del trittico sono state riconosciute in straordinari profili […] una flautista nuda […] e una giovane sposa avvolta nel suo mantello, che sparge da una pisside grani di incenso su un braciere, casta custode della casa: richiami simbolici ai diversi aspetti di Afrodite, protettrice dell’amor sacro come di quello profano, duemila anni prima del canone inverso di Tiziano.

Questa tradizionale lettura può essere superata identificando nelle due figure femminili delle hierodulai, sacerdotesse dedite a riti in onore della dea che potevano prevedere la prostituzione sacra[…].

Le due figure laterali celebranti il culto di Afrodite in un interno e intermediarie tra il mito e la realtà liturgica che lo rievocava depongono a favore di un trittico che avrà probabilmente costituito […] il parapetto decorato del bothros, […] per la rituale rappresentazione sacra in cui si faceva apparire miracolosamente, grazie a un elevatore ligneo, un simulacro della dea o una sacerdotessa che ne recitava la parte.
Un altro trittico, detto Trono di Boston, considerato finora un’imitazione dall’antico, svolgeva forse la medesima funzione nel santuario di Persefone, dove veniva celebrato il ritorno stagionale sulla terra (anodos) della sposa rapita da Ade.
Ma non raggiunge l’incanto del modello, concepito sotto un’eccezionale ispirazione artistica che, nella chiara solennità compositiva e attraverso l’armoniosa modulazione delle linee e dei piani […], infonde grazia, restituisce profumo e musicalità all’evento e dona un particolare slancio vitale alle sue protagoniste, tutte femminili, umane e divine, che offrono il destro all’esplorazione delle carni morbide e palpitanti nel primo vero nudo della scultura greca come alla diversificata resa dei panneggi, prima di Fidia. […]

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