Il Bruto Capitolino

La potenza del ritratto romano

Dante, Shakesheare, Jeaques Luis David ne furono profondamente affascinati

L’identificazione, fin dal Cinquecento, con il mitico primo console della Repubblica Romana, Lucio Giunio Bruto è oggi ritenuta non improbabile.

Il fascino di questo personaggio, unitamente al suo valore simbolico, fecero sì che Napoleone lo volesse a Parigi nel 1797 (insieme ad altre bellissime opere quali: il Galata morente, la Venere Capitolina, e lo Spinario).

Solo 18 anni dopo, nel 1815, grazie all’accorato intervento di Antonio Canova, la statua fece ritorno a Roma e fu da quel momento esposta presso i Musei Capitolini, dove è a tutt’oggi conservata.

Il primo console della Repubblica Romana era molto conosciuto durante il periodo della rivoluzione francese, come testimonia l’opera di Jeaques Luis David del 1789: I littori riportano a Bruto i corpi dei suoi figli, Bruto, in questa opera, rappresenta il simbolo di un amor di patria superiore perfino all’amore paterno.

La continua rivoluzione di Bruto

Bruto è strettamente legato alla lotta al potere costituito. Talvolta come difensore del popolo dalla tirannide, talvolta come portatore di nuove rivoluzionarie forme di governo come fu la Repubblica Romana. Durante i secoli il suo fantasma è riapparso ogniqualvolta il potere costituito veniva messo in discussione.

L’apparizione di Bruto ci dà il segno della fine di un’epoca e l’avvento di una nuova. Così è stato per la nascita della Repubblica Romana e per il diritto che ne stava alla base (che per mille anni è stato il punto di riferimento di tutto il continente europeo), così è stato al tempo di Dante quando il potere del Papato veniva sfidato dagli Imperatori germanici, così quando l’Inghilterra elisabettiana si apprestava a diventare una grande potenza marittima, così quando i moti rivoluziani della Francia si propagarono per tutta Europa fino alla breve esperienza della Repubblica Romana nel XIX secolo.

Bruto è nel limbo di Dante, si aggira nelle corti rinascimentali, tanto da suggerire l’identificazione con il busto oggi ai Musei Capitolini, è l’ispiratore di ben tre capolavori di Shakespare: “Lo stupro di Lucrezia”, “Giulio Cesare” e “Amleto” è presente nei quadri di Jacques Luis David.


Amleto in lingua nordica, come Brutus, significa “sciocco”, anche il principe di Danimarca deve fingere di essere stupido per non destare sospetti.
Come tutti coloro che vedono molto più lontano degli altri, sanno che passeranno per pazzi fino al momento in cui tutti vedranno quello che loro hanno sempre saputo.
Amleto, come Bruto, è portatore di un cambio di regime.
Come Bruto, alla fine della tragedia deve morire insiema il mondo che ha contribuito a cambiare…
Nel capolavoro di Shakespeare la corona di Danimarca passa al principe di Norvegia grazia al voto di morente di Amleto.
Nel “Giulio Cesare”, il protagonista è il nipote di Lucio, Marco Giunio Bruto, che tenta di difendere per l’ultima volta la Repubblica, prima dell’avvento, inevitabile dell’impero.
Bruto è il futuro, Bruto è il passato, Bruto è dentro di noi e ci parla di libertà, per questo il suo busto sembra ricambiare il nostro sguardo e ricordarci che abbiamo un dovere gli uni nei confronti degli altri: nostra madre è la terra, ci ha generati uguali e fratelli.
Pari in gloria a Romolo, Bruto è un eroe leggendario, il primo fondò la città il secondo gli diede la libertà.

La statua del così detto “Bruto Capitolino“, presso i Musei Capitolini, è un’antica statua in bronzo (IV-III sec. A.C.) con occhi in pasta vitrea, particolarmente penetranti ed intensi.
Si tratta di uno dei migliori esempi di ritrattistica romana, caratterizzato da una profonda indagine psicologica.

Il ritratto aveva sicuramente una funzione pubblica e doveva ispirare ammirazione e reverenza nei confronti di un personaggio chiamato ad incarnare la “gravitas” romana.

Soltanto la testa è originale, mentre il busto è stato aggiunto in epoca successiva. Analizzando la posizione del capo, si è ipotizzato che si trattasse di una statua equestre.

L’estrema rarità di ritratti in bronzo di questo periodo, insieme alla possibilità di una collocazione cronologica così antica, rendono quest’opera una delle più preziose delle collezioni capitoline.

Di provenienza ignota, fu donata al popolo romano nel 1564 alla morte del Cardinale Rodolfo Pio da Carpi.

Chi era Lucius Iunius Brutus

Lucius Iunus (545 a.C. circa – 509 a.C.) di stirpe troiana, da parte di padre, ed etrusca da parte di madre, era il nipote dell’ultimo re di Roma, Tarquinio il Superbo.
A noi è noto con il soprannome “Brutus” che significa “stolto”.
Da cotanta stirpe era disceso uno sciocco, lo scemo di corte, forse instupidito dalla morte del padre e del fratello per mano dello zio…
Tarquinio il Superbo aveva usurpato il trono uccidendo il re Servio Tullio e trasformato la monarchia in una tirannia.
Il regime di terrore instaurato, rendeva lo stesso re sospettoso ed afflitto da continue visioni della sua imminente fine.
Per placare le paure, Tarquinio pensò di mandare i suoi figli ad interrogare l’oracolo di Delfi.

Bruto, li accompagnava, come intrattenimento durante il lungo viaggio. Arrivati a Delfi ottennero l’oscuro responso dalla Pizia “otterrà il sommo potere di Roma, colui che per primo bacerà la madre”.
Appena arrivati a Roma, Bruto finse di inciampare, cadde e baciò il suolo, avendo interpretato “terra” come “madre” nel responso dell’oracolo.
Le violenze dei Tarquini proseguirono, finché il principe Sesto violentò la nobile Lucrezia spingendola al suicidio per il disonore.
Allora Bruto capì che era giunto il suo momento.
Si spogliò dei panni dello sciocco, indossati per difendere la propria vita e si lanciò in un discorso potente, provocando l’insurrezione del popolo romano e la cacciata dei Tarquini.
Instaurata la Repubblica, divenne console e fece giurare al popolo che Roma non avrebbe mai più avuto un re. Quando a tentare la restaurazione dei Tarquini, furono proprio i suoi due figli, Bruto li condannò a morte ed assistette impassibile e senza lacrime alla loro esecuzione.

Roma e il mito della fondazione

Secondo la leggenda, Roma sarebbe stata fondata il 21  aprile del 753 a.C. da Romolo. Grazie al lavoro dell’archeologo Andrea Carandini è stata formulata un’interessante ipotesi sulla fondazione della città. Sulla base di questo imponente lavoro è stato realizzato recentemente il film del giovane regista Matteo Rovere: Il Primo Re Secondo il famoso archeologo prima…

Musei Capitolini

Fondato nel 1471, si articola nei due edifici che insieme al Palazzo Senatorio delimitano la piazza del Campidoglio, il Palazzo dei Conservatori e il Palazzo Nuovo.