Il soldato Anita

L’incredibile statua equestre dedicata ad Anita Garibaldi, avventuriera ed eroina del Risorgimento, si trova a Roma sul Gianicolo.

Tutto della sua vita è avventura: nasce in Brasile, si sposa giovanissima, ma si innamora perdutamente, ricambiata, di Giuseppe Garibaldi.

Con lui condivide gli ideali e le battaglie. Lascia il marito, abbandona l’America, segue Garibaldi per tutta la penisola con l’esercito. Soldato in mezzo si soldati in grado di infondere coraggio, combattente e tenera madre di 4 figli. Morirà a 28 anni di consunzione e malaria sulle coste della Romagna.

Statua in bronzo del 1932, opera di Mario Rutelli (bisnonno dell’ex sindaco di Roma). Ai suoi piedi, nel 1932 vennero deposte le ceneri di Anita Garibaldi, trasportate da Nizza. Anita è rappresentata su un cavallo rampante, con una pistola nella mano destra ed il figlioletto attacato al seno. Non cavalca all’amazzone, perché all’epoca sarebbe stato troppo sconcio, ma possiamo presumere che Anita non si sia gettata nella battaglia cavalcando come è rappresentata.

Qualcuno porta sempre fiori sulla sua tomba a testimonianza dell’amore che ancora la circonda. Morì il 4 agosto del 1849 a soli 28 anni.
Dopo dieci anni, al termine della II guerra di indipendenza, dopo il plebiscito per le annessioni delle terre di Romagna al Regno d’Italia, Garibaldi giunge a Mandriole per ritirare le spoglie di Anita e trasferirle al cimitero di Nizza.
Nizza non è però l’ultima dimora del corpo di Anita. Nel 1931 il governo italiano chiede il permesso al sindaco della città natale di Garibaldi di spostare i resti a Roma, al Gianicolo.

Ogni anno, il 4 di agosto, giorno della sua morte, nell’aia della fattoria Guiccioli, ora museo, si cantano le canzoni che parlano di lei e un gruppo di giovani vestiti da garibaldini con fucili ad avancarica, agli ordini di un ufficiale sparano a salve al grido: «In onore di Ana di Riberio Garibaldi!».

“Non abbiate paura di vivere, per inseguire sogni. Abbiate paura di rimanere inattivi.” (Anita Garibaldi)
Ana Maria de Jesus Ribeiro, nacque il 30 Agosto del 1821 a Morinhos (Brasile) da Bento Ribeiro da Silva e Maria de Jesus Antunes, ebbe nove fratelli e sorelle, e mostrò ben presto la forza del suo carattere.
L’episodio che meglio ne dà la prova fu quando i nemici tentarono di rapirla per ricattare Giuseppe Garibaldi. Uccisero alcune guardie ma lei fece in tempo ad infagottare il bambino di soli dodici giorni, montare a cavallo e fuggire, seminando gli inseguitori. La ritroveranno gli amici dopo quattro giorni… stremata ma salva.

Anita Garibaldi, una vita per la Libertà
„Anita arrivò a Roma, incinta di quattro mesi, perché voleva stare con il suo Josè; lei, infatti, non aveva sposato solo l’uomo, ma anche la sua causa. Garibaldi se la ritrovò di fronte, inaspettata, e tra il disappunto, la preoccupazione e la gioia, la presentò alla sua truppa: “questa è Anita. Da oggi avremo un soldato in più”. E sì, perché questo era Anita, un soldato, un capo, una donna forte e coraggiosa, capace di imporre il suo volere e di contrapporlo anche al marito che fronteggiava con amore e caparbietà.“

Anita e Giuseppe: la leggenda di un amore
„Un colpo di fulmine tra terra e mare. Sbarcò dall’Italparica, il Generale, e la cercò tra la folla, dove l’aveva scovata il suo cannocchiale, e finalmente quando la vide fu come rincontrare l’anima che aveva perduto, la propria anima. Complementari l’uno all’altra vissero del loro unico ideale: la libertà. Bella lei, mora, il volto ovale e i grandi occhi neri. Irresistibile per lei il famoso più che trentenne generale, l’eroe, che combatteva per il popolo, per la giustizia. A dispetto di ogni convenzione e di ogni regola, iniziarono la loro vita insieme, con tutti i rischi, perché Anita, ahimè, era convolata a nozze a soli 14 anni e non era libera. Ma quello era amore, quello con la “A” maiuscola e Anita e José seppero riconoscerlo. Ebbero 4 figli, una vita difficile, povera, ma ricca di contenuti, perché sono gli ideali che riempiono il cuore e danno forza e gioia. Non l’effimera agiatezza che Garibaldi avrebbe potuto garantire alla sua famiglia con i compensi che i popoli per i quali combatteva gli offrivano, ma la dignità dell’uomo, la forza del combattente, spinto da quell’ideale di unità e patria che pochi hanno nel cuore.“

Quando la Repubblica di Mazzini cade, Garibaldi e le sue camice rosse fuggono da Roma, Anita si taglia i lunghi capelli, si veste da uomo e parte a cavallo a fianco di Josè, che aveva pronunciato a Piazza San Pietro il famoso discorso passato alla storia: «… Io non offro né paga, né quattrini, né provvigioni, offro fame, sete, marce forzate e morte. Chi ha il nome d’Italia non solo sulle labbra ma nel cuore, mi segua». Queste parole erano rivolte fatalmente anche ad Anita. Braccati dagli eserciti sono costretti a fuggire. La fuga prosegue a piedi o con mezzi di fortuna, aiutati da cittadini di ogni estrazione sociale, in un territorio più sicuro, ma molto faticoso, attraverso zone vallive tra terra e acqua. Raggiungono la fattoria dei conti Guiccioli, presso Mandriole e qui vengono ospitati da Stefano Ravaglia, fattore del conte. Anita, ormai priva di conoscenza per la malattia e gli stenti, viene deposta su un letto dove muore poco dopo fra le braccia del suo Josè. Anita è morta in un luogo del tutto simile alla terra in cui è nata: una terra lagunosa, tra sabbia, specchi d’acqua e canneti.

Il ricordo di questa ragazza coraggiosa è ancora molto forte. In Romagna molte donne portano ancora il suo nome.