Chi si cela dietro il “pugile a riposo”?

Museo Nazionale
Romano

Si tratta di uno dei rarissimi bronzi originali trovati a Roma.
Il pugile a riposo ha suscitato, fin dal momento della sua scoperta, stupore e meraviglia. L’espressione e la postura di questo atleta impongono una partecipazione emotiva nello spettatore.
La domanda spontanea è quindi: chi si nasconde dietro il pugile a riposo? Quale è la sua storia? Perché ci sentiamo così coinvolti?

Pugile delle Terme
Attribuito alla scuola di Lisippo

L’originale greco, attribuito per molti a Lisippo, risale al IV sec. a.C. ed è conservato al Museo Nazionale Romano di Palazzo Massimo.

Fonte: Mys, il pugilatore: da Taranto a New York
FURIO DURANDO,
2 LUGLIO 2013

Si tratta di uno dei rarissimi bronzi originali greci presenti a Roma, attribuito a Lisippo. La storia del suo rinvenimento e dello stupore che suscitò nel 1885 è nota.

La descrizione della scoperta è ricordata da Rodolfo Lanciani:

La statua non era stata gettata là, o seppellita in fretta, ma era stata nascosta e trattata con la massima cura. La figura, trovandosi in posizione seduta, era stata posta su un capitello di pietra dell’ordine dorico, come sopra uno sgabello e il fosso che era stato aperto tra le fondamenta più basse del tempio del Sole, per nascondere la statua era stato riempito con terra setacciata per salvare la superficie del bronzo da ogni possibile offesa […]. Non ho mai provato un’impressione straordinaria simile a quella creata dalla vista di questo magnifico esemplare di un atleta semi-barbaro, uscente lentamente dal terreno come se si svegliasse da un lungo sonno dopo i suoi valorosi combattimenti.”

La sensazione di stare davanti ad un uomo in carne ed ossa, vivo e vero come lo spettatore che lo osserva è fortissima. Entrate nel suo spazio è entrare anche nel suo tempo.

Il pugile è seduto, come a riposo dopo un combattimento, ancora indossa i guantoni, il corpo è rilassato, ma la testa ha una torsione che intuiamo essere improvvisa, come se si fosse accorto improvvisamente della presenza di qualcuno.
Se ci mettiamo di fianco a lui, nella direzione dei suoi occhi, diventiamo automaticamente quella persona che ha provocato il movimento della sua testa, quella notizia, quel verdetto che sta aspettando.

Siamo dentro il suo tempo e la sua storia. Ed è il tempo fatale, la lingua greca, più precisa della nostra ha una parola specifica per questo tempo: Kairos ovvero quando nella trama della vita si verificano una serie di circostanze che possono cambiare il per sempre corso degli eventi.

Noi siamo i portatori di un verdetto: vittoria o sconfitta?

Ma chi è questo pugile di cui riusciamo a sentire perfino il respiro pesante sotto quei baffi folti?

Secondo alcuni si tratterebbe di Amico, re pugile della Colchide, che sfidò il migliore degli Argonauti in un incontro. Polluce, il suo avversario, era il mitico figlio di Zeus, gemello di Castore, fratello di Elena di Troia. Amico fu sconfitto e morì durante l’incontro.

Secondo altri l’uomo rappresentato è Mys di Taranto, un uomo della Magna Grecia vissuto nel IV sec. A.C., nobile e appassionato di pugilato.

Aveva partecipato a tutti i giochi del tempo e non aveva mai vinto. Mai

All’età di quaranta anni si presenta ai giochi di Olimpia e vince!

Noi siamo lì, di fianco a lui, ci ha sentiti arrivare solo quando eravamo molto vicino perché i colpi che ha preso lo hanno reso sordo. Scatta all’improvviso e ci guarda, aspetta da noi l’esito dell’incontro.

Lisippo lo ha colto nell’istante di verità – kairòs – in cui seduto, sfinito, stordito, attende di conoscere il verdetto. Erano le Olimpiadi del 340 a.C.. Mys le vinse. Aveva 40 anni.
Da quel giorno nacque l’espressione “fare come Mys a Olimpia”, per significare “arrivare al successo quando è ormai dato per impossibile”.